FRIULI VENEZIA GIULIA
 

Gorizia:
A Grado (GO) c'era un ospizio marino che ospitava bambini provenienti da Austria, Friuli, Gorizia, Gradisca d'Isonzo (GO) e Trieste.

Trieste:
Antonio Lorenzutti, direttore del civico ospedale, fondò nel 1841 il primo asilo d'infanzia di Trieste. Pochi anni più tardi fondò un ospizio per l'assistenza ai bambini che ebbe sede dapprima sul colle di S. Lucia degli Armeni nell'ospizio dei padri mechitaristi. Direttore fu Antonio Comelli, in seguito professore d'ostetricia e direttore della maternità di Trieste. Negli anni Settanta dell'Ottocento l'ospedale fu trasferito in via del Bosco. Il 23 agosto 1877 avvenne la fusione fra l'ospedale infantile e l'istituto «Elisabettino» che aveva lo scopo di assistere e formare bambine povere. La nuova istituzione prese il nome di «Spedale infantile ed unitovi asilo per fanciulle». Nel novembre 1878 fu nominato capo medico Antonio Merli: interessante è la sua biografia. Nel 1866, ancora studente di medicina a Bologna, si arruolò nel Corpo dei volontari di Garibaldi, combattendo durante la III guerra d'indipendenza. Laureatosi nel 1868 a Bologna, nonostante la propria attività irredentista, collaborò con il governo asburgico per lo sviluppo dell'ospedale, dimostrando, anche in questo caso come l'interesse dei medici fosse quello della tutela della salute indipendentemente dal governo al potere.
Nel 1879 fu creato un ambulatorio all'interno dell'ospedale, che ebbe un grande successo, infatti osservando i dati del 1887 risulta che ci furono 1.335 bambini ricoverati e 23.139 visite ambulatoriali. Nel 1891 i 20 posti iniziali salirono a 46 e nel 1900 a 80.
Nel 1907 fu assegnato all'ospedale infantile la cifra di 200.000 corone che erano un lascito della baronessa Burlo-Garofolo. Il 15 marzo 1907 fu cambiato il nome dell'ospedale che divenne «Ospedale infantile e pia fondazione Burlo-Garofolo».
La sezione medica fu affidata a Guido Merli e Paolo Israeli, la sezione chirurgica a Vittorio Massopust. L'ospedale fu devastato e le rendite falcidiate. Vista la crisi economica generale la direzione dell'ospedale abbandonò l'idea di costruire un nuovo edificio e restaurarono il vecchio stabile.
Nel 1905 la società della «Poliambulanza e guardia medica» istituì un dispensario per lattanti, con il contributo del comune, per offrire ai bambini che non avessero le possibilità dell'allattamento al seno, un latte vaccino che garantisse qualità di raccolta e conservazione. La mortalità infantile in due anni si ridusse all'8-9%, mentre per gli altri bambini di Trieste era del 22-24% .

IX congresso italiano di pediatria Trieste, 23-26 settembre 1920
Il IX congresso pediatrico italiano che si tenne a Trieste dal 23 al 26 settembre 1920 fu uno dei numerosi congressi e convegni che si svolsero nella città giuliana per sottolineare l'unificazione italiana.

Trieste e la SIP
Il congresso che si svolse a Trieste, città redenta, fu un evento che si inserì in una continuità culturale preesistente.
I  pediatri triestini avevano aderito alla SIP quando ancora la città faceva parte dell'impero austro-ungarico: tra i primi iscritti furono Angelo Luzzatto, che si iscrisse nel 1901, Giulio Nigris nel 1905, Gabriele Lauro nel 1907.
Durante il VI congresso pediatrico italiano che si svolse a Padova dal 2 al 6 ottobre 1907 era stata progettata una gita a Trieste e Istria che non fu effettuata a causa del maltempo «con vivissimo rincrescimento di tutti». Non si trattava di parole retoriche.
Padova era la sede universitaria più sensibile ai problemi dell'irredentismo, sia per i forti legami storici con la repubblica di Venezia, sia culturali, sia di continuità accademica, infatti l'università di Padova che per antichità di fondazione è la terza italiana, era tradizionalmente l'ateneo ove confluivano gli studenti, non solo di Venezia, ma anche di gran parte del territorio della Serenissima. Nelle parole dell'ordinario di pediatria, nonché presidente del Comitato ordinatore del congresso, Vitale Tedeschi, si comprende questo forte legame con le terre allora ancora «irredente»: «Qui, dove sono ancora tanti fremiti di ogni modo di redenzione nazionale, può degnamente vibrare il fremito nuovo, che è ancora fremito di uomini e di patrioti, chè a noi si domandano con le leggi pietose della infanzia tutrici, le garanzie più sicure di robustezza e di vigore della nazione; da noi si vogliono i primi e più determinanti affidamenti di energia e di produttività del cittadino; da noi i mezzi per proteggere e gli insegnamenti per accrescere quell'insigne capitale di nazione, ogni giorno minacciato da una disastrosa moria infantile e compromesso dalla degradazione organica del bimbo: bellezza, salute, vita di popolo! braccio, che assicura e difende, pensiero che, nobilitando, sublima!».
II   sentimento dei rapporti fra i pediatri italiani e quelli delle terre appartenenti all'Impero austro­
ungarico è ben illustrato nel discorso di Vitale Tedeschi, che era triestino di nascita:
«Nell'organizzare il Congresso abbiamo, con fraterno affetto, intensamente rivolto il pensiero ai
colleghi di Trieste, del Trentino, del Friuli non nostro, della forte Dalmazia.
La ragione di questo fatto non sta, e mi preme assai affermarlo, in un riguardo del Comitato all'immenso amor mio di triestino, non fu suggerita dalle considerazioni del maggior affiatamento e dalla maggior conoscenza di quei lacrimanti paesi col Veneto, per ragioni di storia, di vicinanza e di comunione maggiore di spirito e di favella, non finalmente dalla attrattiva volgare di un bel gesto nel nome di un patriottismo a buon mercato; altri più sereni concetti hanno spinto il Comitato a desiderare tanto intensamente con noi i fratelli nostri.
La scienza cosmopolita nelle finalità non lo è e non può esserlo nei metodi suoi; ha innegabilmente una fisonomia [sic.] che nello spirito nazionale si plasma, che non ha e non riconosce barriere e confini politici, non politica ragione, non pregiudizi o tentennamenti, perché ci unifica e indissolubilmente nella lingua, questa inclita figlia di pensiero e di organismo nazionale. Con questo concetto, certo il più altamente patriottico, perché aleggia sopra ogni partito, che potesse dividerci; con questo concetto al quale io vorrei veder commessa la tutela dei nostri inconcussi diritti di nazione, io dò il mio ardente saluto ai fratelli nostri d'idioma, di pensiero, di sangue, strettamente accomunandoli nel saluto caldo augurale che in nome del Comitato a voi tutti fratelli d'armi trasmetto».

Pediatria e irredentismo
Lo spirito del momento è ben illustrato dal saluto che rivolse il commissario straordinario per la città di Trieste, conte Antonio Noris (nel luglio 1919 era stato sostituito il governatorato militare della città con il commissariato generale civile), che aprendo i lavori disse: «… di questa forte e generosa Trieste il cui solo nome evoca tutto un poema di ardente amor patrio, di invitto eroismo, di lungo e glorioso martirio di Trieste che coronato finalmente, per virtù d'armi e volere concorde di Re e di Popolo, il suo bel sogno di redenzione, è oggi lieta ed orgogliosa di questi convegni scientifici che si tengono fra le avite sue mura; poiché per essi vengono rinsaldati quei vincoli sentimentali ed intellettuali che la legano indissolubilmente alla gran patria italiana». Il Noris si riferiva ai numerosi convegni che si erano svolti a Trieste nei mesi successivi alla fine della guerra. In un altro brano del suo intervento il governatore Noris indicò alcune associazioni che si occupavano dell'infanzia. Il brano è importante perché segnala le istituzioni presenti a Trieste, ma ha anche una valenza politica perché ricorda che durante gli anni della guerra la polizia austriaca aveva sciolto molte associazioni italiane fra cui l'«Associazione italiana di beneficenza»: «Ond'è che voi troverete, o signori, nelle nostre società della Poliambulanza e della Guardia Medica, nella Società degli Amici dell'infanzia, nell'Ospedaletto infantile Burlo Garofolo, nel Dispensario per lattanti «Italia redenta», e nella sezione medico-scolastica, altrettante provvide istituzioni che esplicano la loro solerte e illuminata attività nella protezione sanitaria della infanzia».
Il discorso del pediatra triestino Angelo Luzzatto è uno specchio fedele dello spirito che regnava a Trieste nell'immediato dopoguerra, ma è anche un indicatore dell'attività della pediatria nella città giuliana: «Permettete, ch'io vi porti il saluto dei pediatri e degli altri colleghi di Trieste, e che vi dica tuta la riconoscenza nostra per aver scelto questa città quale sede del primo Congresso pediatrico dopo la grande guerra.
Noi sentiamo l'alto significato di tale designazione e ne siamo orgogliosi, come fummo lusingati di aver accolto in questa nostra città così desiderata e così contesa tutti gli altri congressi, che precedettero a questo».
Il brano successivo è ricco di contenuti politici: «È grande la nostra gioia di vederci finalmente uniti agli altri colleghi d'Italia e di poter proclamare a voce alta la nostra italianità in questo estremo limite della Patria, di fronte al mare che ancora ci viene conteso, e ai piedi di quelle Alpi, che dovranno chiudere i confini, e per sempre». Il Luzzatto parla del mare Adriatico come mare conteso, perché dalla fine di quella che chiamava «grande guerra» senza sapere che ce ne sarebbe stata una ancora più grande, in Italia c'erano due correnti politiche che si dividevano proprio sulla visione internazionale della zona dell'Adriatico. Da un lato c'era un gruppo che faceva riferimento a Giorgio Sidney Sonnino (1847-1922) che fu presidente del consiglio e ministro degli esteri dal 1915 al 1919, cioè per tutto il periodo della guerra. Il Sonnino considerava l'Adriatico un golfo come ai tempi della repubblica di Venezia, pertanto non intendeva trattare con le nazionalità slave e aveva ampie richieste territoriali su Istria, Quarnaro e Dalmazia. La linea di Sonnino era seguita dai gruppi che facevano capo al giornalista triestino Salvatore Barzilai (1860-1939), Gabriele Dannunzio (1863-1938) e Benito Mussolini (1883-1945). Molti politici avevano invece un atteggiamento rinunziatario nei confronti di tali rivendicazioni territoriali e in primo luogo i due presidenti del consiglio che si alternarono dal 1917 al 1921, Vittorio Emanuele Orlando (1860-1952) e Francesco Saverio Nitti (1868-1953), Giovanni Giolitti (1842-1928), inoltre Gaetano Salvemini (1873-1957), Filippo Turati (1857-1932).
Come si vede nel discorso inaugurale il Luzzatto entrò nel vivo di una questione politica che allora era ancora più accentuata a causa della concomitanza dell'impresa di Fiume. Nel periodo in cui si stava svolgendo il congresso di pediatria, a Fiume, Gabriele D'Annunzio (1863-1938) aveva instaurato la «Reggenza del Carnaro» (durò dal 12 settembre 1919 al 31 dicembre 1920). Le aspettative italiane vennero vanificate con il trattato italo-iugoslavo di Rapallo, stipulato il 12 novembre 1920, firmato da Giolitti con cui il governo italianorinunciò definitivamente alla Dalmazia, riconoscendo Fiume come stato indipendente, mentre all'Italia furono assegnate l'Istria, Zara, le isole di Cherso, Lussino, Lagosta e l'arcipelago di Pelagosa.
Il brano indica non solo lo spirito e l'impostazione politica presente a Trieste e in Italia in quel periodo, ma anche il coinvolgimento dei pediatri nei problemi della Nazione e l'attenzione della Società italiana di pediatria alle tematiche politiche generali, a dimostrazione di quanto fosse sempre stata inserita nelle problematiche del Paese e mai un'entità astratta ripiegata su se stessa e le proprie problematiche.
La SIP però ha sempre dato centralità al bambino indipendentemente dal colore politico del governo in carica. Così si scopre che nonostante l'enfasi patriottica del momento non può essere omesso la presenza a Trieste di molti servizi pediatrici che erano stati istituiti dal governo arsburgico e che se li confrontiamo con le realtà pediatriche esistenti in Italia dimostrano quanto efficiente fosse l'amministrazione austro-ungarica, e che l'imperial regio governo di Vienna promuovesse la tutela dell'infanzia a differenza di ciò che avveniva in Italia. Il Luzzatto infatti, continuando il discorso della seduta inaugurale del congresso disse: «Trieste, mentre con fervore patriottico spendeva le sue energie migliori nella lotta contro il dominio austriaco, e preparava la sua redenzione, che con così immenso sacrificio la grande madre portava poi a compimento, vegliava anche con amorosa cura sulla salute dei suoi bambini.
Il suo municipio, fra i primi, fondava un ufficio comunale di protezione per l'infanzia, la sorveglianza medica nelle scuole, i ricreatori comunali e primo fra i comuni italiani apriva già 15 anni or sono un dispensario comunale per lattanti (…) tra gli enti privati la «Società degli Amici dell'infanzia» erigeva l'Ospizio marino di Valle Doltra, quale magnifica opera che da pochi giorni è passata alla Croce rossa italiana e che voi potrete ammirare durante la gita a Capo d'Istria.
Così le colonie feriali, la Scuola all'aperto, il Presepio per i lattanti delle operaie, i Consultori per le madri allattanti, la Società per la difesa dei minorenni con gli asili-famiglia e il Riformatorio della pubblica beneficenza si aggiungono a queste opere pie».
Nella relazione introduttiva alla cerimonia inaugurale Carlo Comba che, in qualità di vicepresidente sostituiva il presidente Luigi Concetti che non era potuto intervenire in quanto gravemente ammalato riferì che nell'ultimo quarto di secolo dell'Ottocento si ebbe la «… fondazione della Poliambulanza e della Guardia medica, dello Spedalino per la cura del colera infantile, della vaccheria modello, dell'Istituto vaccinogeno, della Società antitubercolare…».

Udine:
Il brefotrofio risale al XIII secolo e fu annesso alla «chiesa di Santa Maria della Misericordia». In seguito prese il nome di «Casa centrale degli esposti», in seguito quella di «Ospizio provinciale degli esposti e delle partorienti», infine quella di «Brefotrofio provinciale», infatti anche dopo il passaggio al Regno d'Italia era l'unico brefotrofio attivo in tutta la provincia. Nel 1898 presso l'«Ospedale civile» fu aperto un reparto di pediatria. Primario del reparto ospedaliero e direttore del brefotrofio fu Guido Berghinz che fu anche direttore incaricato della clinica pediatrica dell'università castrense e di quella dell'Università di Padova.

Università:
L'università castrense
La carenza di medici che aveva determinato la guerra è dimostrata anche dalla creazione dell'università castrense che fu istituita nel 1916 dal ministero della pubblica istruzione, presso un grande ospedale militare che si trovava a San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine. L'università castrense aveva il compito di consentire agli studenti di medicina, che si trovavano nella zona di guerra di poter completare gli studi e potere così svolgere le funzioni di ufficiale medico. L'università castrense era perciò una scuola medica da campo che era aggregata alla III armata. Vi studiarono circa 500 studenti in medicina e per le lezioni era stato idoneamente attrezzato anche un cinema. Le lezioni venivano svolte negli intervalli lasciati liberi dalle operazioni militari e gli studenti si sottoponevano a orari di studio estenuanti.
All'università castrense insegnò Giovanni Battista Allaria (1872-1955) che era ordinario di pediatria
a Torino.
Fra gli allievi dell'università castrense ci furono Gaetano Salvioli che poté laurearsi con lode nel 1918 presso l'università di Napoli. Un altro allievo fu Giovanni De Toni che si laureò con lode e dignità di stampa il 15 dicembre 1919 presso l'Università di Padova, inoltre Marco Bergamini, futuro direttore della rivista "Il Lattante". Il 10 febbraio 1916 il Comando supremo, che aveva sede in Udine, nominò insegnante di clinica pediatrica nella «Scuola medica da campo» a San Giorgio di Nogaro, Guido Berghinz, che così ricostruisce la storia della fondazione della clinica: «Venne istituita una Clinica Pediatrica di 10 letti con Reparto Isolamento, Laboratorio, Cucina, Ambulatorio; venne assegnato alla Clinica il personale adatto. L'Ambulatorio e la Clinica, oltreché servire all'insegnamento hanno giovato a soccorrere di consiglio e medicina la popolazione povera e profuga.
L'ambulatorio è stato frequentato in modo progressivamente più largo; gli ammalati più gravi e bisognevoli di indagini scientifiche vennero specialmente ricoverati nella Clinica; per rendere l'insegnamento pratico vennero istituiti i turni per gli studenti che poterono giovarsi anche degli ammalati dell'Ambulatorio oltreché dei degenti.
Ho posto speciale cura a dimostrare contemporaneamente il maggior numero di casi della stessa malattia affinché gli studenti potessero aver sott'occhio le varietà cliniche e ne seguissero, nei diversi soggetti, le varie fasi evolutive. Ho così potuto mostrare alla lezione 108 ammalati, senza omettere dimostrazioni anatomiche di tutti i quadri morbosi più importanti. Nello svolgimento del compito fui validamente aiutato dai dottori tenente Luigi Giordani e tenente Vittore Zamorani : il primo si occupò principalmente della fondazione e della disciplina della Clinica e mi supplì nelle assenze, tenne il secondo il laboratorio occupandosi delle ricerche scientifiche necessarie, preparò le lezioni e fece turni agli studenti. Entrambi addimostrarono zelo, amore e coltura nella specialità.
Fra il 15 febbraio e il 30 maggio, nel qual tempo si svolse l'insegnamento, furono tenute 27 lezioni di una ora e mezza l'una: in clinica vennero ricoverati 29 ammalati: nell'ambulatorio visitati 173 pazienti con un numero complessivo di 454 consultazioni così distribuite: il 1° mese 80, il 2° 117, il 3° 174, nell'ultima quindicina 83». Tenne la prolusione il 15 febbraio 1916.
La scelta del Berghinz come direttore della clinica pediatrica dell'università castrense non era casuale, perché era un udinese. Il Berghinz era nato a Udine nel 1872, si era laureato a Bologna nel 1895, era stato quattro anni presso l'«Ospedale civile» di Udine e aveva esercitato sempre nella città, anche se era stato un anno a Vienna per perfezionarsi in medicina interna, neurologia e pediatria e un anno a Roma ove oltre un corso di igiene, era stato un allievo di Luigi Concetti e aveva conseguito la libera docenza nel 1900. Era stato tra l'altro socio fondatore della SIP e a Udine divenne primario pediatra. In tal modo il Berghinz si trovò al posto giusto nel momento giusto, infatti a Udine, Luigi Cadorna (1850-1928), capo di stato maggiore, aveva posto il quartier generale. Per alcuni anni la carriera professionale del Berghinz subì un'accelerazione, infatti non solo tenne la direzione della clinica pediatrica dell'università castrense, ma dopo la morte avvenuta nel 1919 di Vitale Tedeschi, direttore della clinica pediatrica di Padova il Berghinz fu incaricato dell'insegnamento dal 1919 al 1929. Divenne grande ufficiale della Corona d'Italia, Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e nel 1917 ottenne la promozione a tenente colonnello medico per servizi eccezionali e una medaglia di bronzo al Valor militare.


Vittore Zamorani nacque a Ferrara il 23 febbraio 1886. Nel 1917 ricevè un Encomio solenne. Fu incaricato di pediatria a Perugia dal 1929 al 1931, qunado passò all’UNIVERSITà di Pavia ove fu nominato straordinario il 1° dicembre 1931. Zamorani, di razza ebraica, fu allontanato dall'insegnamento nel 1938, reintegrato nel 1946, lasciò l'insegnamento per raggiunti limiti di età nel 1949.
 
 
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